
Gli Accordi di Basilea sono linee guida internazionali elaborate dal Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria, istituito nel 1974 dai capi delle banche centrali del G10. L’obiettivo è mantenere solide le banche, proteggere i depositanti e sostenere la stabilità del sistema finanziario. Le regole definiscono quanta dotazione di capitale le banche devono trattenere per coprire i rischi assunti, promuovendo una cultura del rischio più matura, pratiche standardizzate e accantonamenti proporzionati al rischio. Il Comitato non emana leggi, ma gli Stati recepiscono e adattano le indicazioni, favorendo metodi omogenei a livello internazionale.
Basilea I (1988) introduce per la prima volta una definizione internazionale del capitale minimo richiesto alle banche in rapporto ai rischi di credito. Per i gruppi bancari viene fissato un coefficiente di solvibilità: capitale di vigilanza almeno pari all’8% delle attività di prestito ponderate per il rischio. In Unione Europea il principio diventa obbligatorio con la Direttiva 647/1989, assicurando un’adozione ampia e coerente.
Il modello utilizza coefficienti di ponderazione per considerare l’affidabilità del prenditore (imprese, banche, Stati). Questo approccio semplificato migliora la comparabilità tra istituti ma presenta limiti: non copre adeguatamente alcuni rischi (come quelli operativi o legati a specifici mercati) e tende a sottostimare il rischio di credito. Tali limiti incentivano l’arbitraggio regolamentare, con banche spinte a concentrare prestiti su clienti più rischiosi o a privilegiare operazioni complesse con ridotti requisiti di capitale.
Basilea II (nuovo accordo del 2004, operativo dal 2007-2008) nasce per superare l’8% uniforme, ritenuto ingiusto perché troppo oneroso per posizioni sicure e troppo permissivo per quelle rischiose. L’accordo introduce regole più sensibili al rischio per ogni prestito e formalizza l’uso dei rating per misurare la propensione all’insolvenza dei prenditori e calibrare la “protezione” patrimoniale richiesta alle banche.
I rating incorporano fattori quantitativi (indici di bilancio, dati di centrale rischi, andamento aziendale) e qualitativi (prospettive settoriali e caratteristiche della controparte). Oltre ai rating esterni di agenzie specializzate, vengono adottati modelli interni di valutazione, sviluppati dalle banche stesse e approvati dalle autorità nazionali competenti, in Italia dalla Banca d’Italia. Basilea II si fonda su tre pilastri: requisiti patrimoniali minimi, controllo prudenziale e disciplina di mercato.
Basilea III (2010, operativo dal 2013) è la risposta regolamentare alla crisi del 2007-2009. L’obiettivo è rafforzare ulteriormente la resilienza del sistema, aumentando la quantità e la qualità del capitale e introducendo nuove regole sulla liquidità e limiti all’eccesso di leva finanziaria. L’indicatore capitale/rischio ponderato viene innalzato dal 2% al 4,5%, innalzando la “cassa di sicurezza” delle banche a tutela dei depositanti e della stabilità complessiva.
Gli Accordi perseguono la stabilità finanziaria richiedendo alle banche riserve di capitale proporzionate ai rischi e allineando le pratiche di gestione del rischio su standard condivisi. L’adozione diffusa crea coerenza tra giurisdizioni e riduce le asimmetrie, sostenendo la fiducia degli operatori e dei risparmiatori. La cultura del rischio evoluta e le best practices contribuicono a prevenire squilibri sistemici.
Il rischio di credito è centrale. Basilea I introduce la ponderazione dei crediti per classe di controparte; Basilea II raffina la misurazione con rating interni ed esterni; Basilea III consolida assetti patrimoniali e presidi di liquidità per assorbire perdite inattese. La maggiore sensibilità al rischio rende più selettivo il credito, richiede maggior scambio informativo tra banca e impresa e incentiva modelli di business trasparenti e sostenibili.
L’adeguatezza patrimoniale garantisce che le banche dispongano di capitale sufficiente a coprire le perdite potenziali generate dalle loro attività. Basilea I fissa l’8% minimo sul totale delle esposizioni ponderate; Basilea II allinea il capitale al profilo di rischio dei singoli portafogli; Basilea III aumenta la dotazione e ne migliora la qualità, introducendo anche presidi su leva e liquidità per rafforzare l’effettiva capacità di assorbire shock.
Le banche italiane recepiscono gli Accordi nell’ambito del quadro europeo e nazionale, con regole che diventano cogenti attraverso norme UE e l’azione di vigilanza domestica. L’introduzione di rating più sensibili al rischio e di modelli interni approvati dalla Banca d’Italia modifica la concessione del credito, orientandola verso controparti solide e progetti sostenibili.
Il rapporto banca–impresa evolve verso maggiore trasparenza e condivisione di informazioni. Le imprese devono presentare un modello di business chiaro e documentato, non limitarsi alla richiesta di fondi. Per le PMI il cambiamento è significativo: la selettività dell’offerta di credito aumenta; le posizioni meno solide e le idee innovative con profilo di rischio elevato ottengono spesso meno finanziamenti e a tassi più alti; il rating diventa un vero “biglietto da visita”.
Per migliorare l’accesso al credito, le PMI sono spinte a intraprendere un percorso di compliance e pianificazione, utilizzando strumenti come budget, business plan e report societari e finanziari. Una comunicazione trasparente verso mercato e banche accresce l’affidabilità percepita e può contribuire a un migliore giudizio di rating, che le imprese dovrebbero saper stimare e monitorare nel tempo.
Basilea I mostra limiti nell’ampiezza dei rischi considerati e nella capacità di rappresentare correttamente il rischio di credito. L’approccio semplificato incentiva l’arbitraggio regolamentare, con potenziali distorsioni nell’allocazione del credito verso controparti più rischiose o operazioni a basso assorbimento di capitale.
La crescente selettività del credito può penalizzare imprese con maggiore incertezza prospettica. Le idee innovative, pur con potenziale elevato, risultano spesso meno finanziate e a condizioni più onerose, riflettendo l’attenzione alla solidità e alla trasparenza richiesta dai modelli di valutazione del rischio. Questo effetto è particolarmente rilevante per le PMI, che devono colmare gap organizzativi e informativi per presentarsi in modo credibile ai finanziatori.
Il Terzo Settore può risentire di regole pensate per imprese tradizionali, con impatti potenzialmente limitati rispetto alle sue specificità. Nel dibattito su Basilea II, è stato inoltre segnalato un “ritorno al Gold Standard” per i bilanci bancari, con l’oro fisico considerato privo di rischio, a evidenziare come alcune categorie di attivi vengano trattate in modo preferenziale nei modelli di rischio.
Gli Accordi di Basilea definiscono un linguaggio comune per la gestione del rischio e la dotazione di capitale, con l’obiettivo di finanziare progetti sicuri, trasparenti e meritevoli. L’evoluzione da Basilea I a Basilea III rafforza la sensibilità al rischio e la resilienza del sistema, ma comporta sfide per PMI e iniziative innovative, chiamate ad adottare strumenti di pianificazione, reporting e comunicazione per migliorare il proprio rating e l’accesso al credito.
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