Pensione integrativa in Italia, urgenza non ancora recepita: quanto costa aderire tardi

La previdenza integrativa in Italia resta un'urgenza non recepita: il 62% degli italiani non possiede un fondo pensione, nonostante sia previsto un tasso di sostituzione lordo che farà perdere in media un terzo dell'ultimo stipendio.
Le simulazioni Moneyfarm dimostrano che il fattore tempo è cruciale: chi inizia a versare a 30 anni può accumulare circa 131.000 euro entro i 67 anni, un capitale che crolla a 62.730 euro iniziando a 60 anni. La differenza di oltre 68.000 euro evidenzia come il ritardo sia un costo economico insostenibile, soprattutto per le donne e il Sud Italia, dove l'adesione è ancora critica.
Il tasso di sostituzione e la criticità del TFR
A diciotto anni dall'introduzione del "silenzio-assenso" del 2007, la previdenza complementare fatica ancora a consolidarsi nel sistema italiano. I dati sono chiari: solo il 38,8% dei lavoratori dipendenti e il 23,7% degli autonomi sono iscritti a un fondo, con la maggioranza degli italiani che ignora il divario tra l'ultimo stipendio e l'assegno pensionistico futuro. Le analisi economiche confermano, infatti, che il sistema pubblico non sarà in grado di garantire il tenore di vita.
- Perdita di reddito: Il tasso di sostituzione (il rapporto tra l'ultima retribuzione e la prima pensione) è destinato a rimanere attorno al 66-68% almeno fino al 2031, implicando una perdita media di circa un terzo del reddito mensile.
- TFR inutilizzato: l'utilizzo del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) a fini previdenziali resta limitato: solo il 23,8% del TFR generato dalle imprese è stato destinato ai fondi integrativi tra il 2007 e il 2024.
Il "costo" del tempo
Le simulazioni di Moneyfarm evidenziano in modo netto il valore irrinunciabile del tempo nell'accumulo del capitale previdenziale. Anche in uno scenario prudenziale (rendimento pari all'inflazione), l'orizzonte temporale è il fattore determinante.
| Età di Inizio del Versamento | Capitale Stimato a 67 Anni |
|---|---|
| 30 anni | 131.000 euro |
| 40 anni | 115.490 euro |
| 50 anni | 93.010 euro |
| 60 anni | 62.730 euro |
La differenza di oltre 68.000 euro tra chi inizia a 30 anni e chi inizia a 60 anni dimostra che ogni anno di ritardo è una perdita economica in termini di interessi composti. L'interesse composto permette agli interessi di generare altri interessi anno dopo anno, moltiplicando il rendimento su un orizzonte lungo.
Divari sociali e fragilità delle donne
Il problema della bassa adesione si acuisce a livello territoriale e di genere.
- Divario di genere: le donne rappresentano solo il 39% degli iscritti ai fondi pensione, un dato che riflette il loro tasso di occupazione inferiore (58,1% vs 77,3% degli uomini). La situazione è critica per le giovani donne (25-34 anni), con un tasso di adesione che crolla al 25,5%.
- Divario regionale: le regioni del Sud come Campania (28,5%) e Sicilia (28,9%) si posizionano in fondo alla classifica per adesioni, con un divario netto rispetto al Trentino-Alto Adige (63%).
Strategie di investimento: non è mai troppo tardi
Se iniziare presto massimizza l'interesse composto, anche chi si avvicina ai 50 o 60 anni può trarre vantaggio dall'apertura di un fondo pensione.
- Deducibilità fiscale immediata: i contributi versati sono deducibili fino a 5.164 euro l’anno, riducendo immediatamente le imposte da pagare.
- Versamenti più consistenti: chi inizia tardi può compensare versando importi più elevati o scegliendo strategie di investimento più prudenti, adatte a orizzonti temporali più brevi.
In un sistema pensionistico pubblico sotto costante pressione (la spesa previdenziale potrebbe superare il 17% del PIL tra quindici anni), anche una rendita integrativa modesta è essenziale per garantire serenità e mantenere il proprio tenore di vita.
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