
Le commissioni sulle carte di credito sono costi applicati sulle transazioni e sono a carico dell’esercente, non del cliente. Servono a remunerare banca, circuito (es. Visa, Mastercard), e intermediari. Si compongono di una percentuale sull’importo e una quota fissa. In Europa, la legge limita le commissioni allo 0,3% per le carte di credito e 0,2% per le carte di debito. Gli esercenti possono beneficiare di agevolazioni fiscali (es. credito d’imposta del 30%). Per risparmiare, è utile negoziare con la banca, valutare soluzioni fintech e offrire alternative come Satispay o bonifici istantanei.
Le commissioni si dividono in diverse categorie:
Alcuni operatori possono aggiungere costi extra, come spese di attivazione, costi di manutenzione del POS o commissioni aggiuntive per transazioni internazionali.
Le commissioni sulle transazioni con carta di credito si calcolano in base a due elementi:
Il costo totale per l’esercente è la somma di queste due componenti. Ad esempio, su un pagamento di 10 euro con carta di credito, la commissione potrebbe essere composta da 0,03 euro (0,3%) più 0,10 euro di quota fissa, per un totale di 0,13 euro.
Il titolare della carta paga generalmente una quota annuale per il possesso della carta e, in alcuni casi, commissioni per prelievi o operazioni particolari. L’esercente, invece, sostiene i costi sulle singole transazioni effettuate tramite POS o e-commerce. Questi costi non vengono addebitati direttamente al cliente al momento dell’acquisto, ma possono influire sui prezzi finali dei prodotti o servizi.
Il titolare della carta non paga commissioni aggiuntive quando effettua un acquisto presso un esercente. I costi che sostiene sono legati al canone annuo della carta, eventuali spese di gestione e commissioni per operazioni specifiche (come prelievi o pagamenti in valuta estera). Durante l’acquisto, il prezzo pagato è quello indicato dal negoziante, senza sovrapprezzi per l’uso della carta.
L’esercente è il soggetto che paga le commissioni sulle transazioni elettroniche. Questi costi sono dovuti per ogni pagamento ricevuto tramite POS o piattaforma online. Le commissioni possono variare in base al tipo di carta, al circuito utilizzato, all’importo della transazione e all’accordo stipulato con la banca o il PSP. In Italia, la legge vieta di trasferire direttamente queste commissioni al cliente finale.
Le banche e i prestatori di servizi di pagamento raccolgono le commissioni dagli esercenti e le distribuiscono tra i vari attori della catena di pagamento. Ogni soggetto coinvolto (issuer, acquirer, circuito) riceve una parte della commissione, secondo le regole stabilite dai circuiti internazionali e dalla normativa europea. Le banche possono offrire pacchetti con tariffe personalizzate in base al volume di transazioni dell’esercente.
La commissione interbancaria, chiamata anche MDR (Merchant Discount Rate), è la quota che la banca dell’esercente paga alla banca che ha emesso la carta per ogni transazione. Questa commissione serve a coprire i costi di gestione, sicurezza e rischio associati ai pagamenti elettronici. L’MDR è una componente fondamentale del costo totale delle transazioni con carta.
Il Regolamento Europeo n. 2015/751 ha introdotto limiti precisi alle commissioni interbancarie:
In Italia, la legge obbliga tutti gli esercenti, professionisti e artigiani che lavorano a contatto con il pubblico ad accettare pagamenti elettronici sopra i 5 euro. Chi rifiuta rischia una sanzione fino a 30 euro per ogni transazione negata. Sono previste alcune esenzioni solo per chi non svolge attività a diretto contatto con il cliente.
Le commissioni riducono il margine di guadagno degli esercenti, soprattutto per i piccoli importi. Alcuni negozianti scelgono di non accettare pagamenti elettronici per importi bassi, anche se la legge lo vieta. Per i consumatori, il costo delle commissioni è spesso “nascosto” nei prezzi dei prodotti o servizi. La regolamentazione europea ha contribuito a ridurre le commissioni e a favorire una maggiore diffusione dei pagamenti elettronici.
Gli esercenti con ricavi o compensi fino a 400.000 euro possono beneficiare di un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni pagate per i pagamenti elettronici ricevuti da consumatori finali. Per il periodo dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022, il credito d’imposta è stato elevato al 100% per chi utilizza strumenti di pagamento evoluti collegati alla memorizzazione elettronica dei corrispettivi.
Per ottenere il credito d’imposta, l’esercente deve:
I prestatori di servizi di pagamento devono comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle commissioni, entro il ventesimo giorno del mese successivo al periodo di riferimento.
Le agevolazioni fiscali incentivano l’adozione dei pagamenti elettronici, riducono l’impatto delle commissioni sui margini degli esercenti e favoriscono la digitalizzazione dei pagamenti. Questo contribuisce a una maggiore trasparenza e tracciabilità delle transazioni, con benefici per tutto il sistema economico.
Sì, è possibile negoziare le condizioni con la propria banca o prestatore di servizi di pagamento. Gli esercenti con un volume elevato di transazioni hanno maggiore margine di trattativa. È consigliabile richiedere offerte personalizzate e confrontare più preventivi.
No, non sempre. Alcuni operatori non espongono chiaramente tutte le voci di costo. È importante richiedere un prospetto dettagliato delle commissioni, verificare la presenza di costi fissi, percentuali e spese accessorie. La trasparenza è fondamentale per valutare la convenienza dell’offerta.
Se sei un esercente e non paghi le commissioni dovute, rischi la sospensione del servizio POS e possibili sanzioni contrattuali. Inoltre, la legge prevede multe per chi rifiuta pagamenti elettronici senza giustificato motivo. È importante rispettare gli obblighi contrattuali e normativi per evitare problemi legali e operativi.
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